Pregare per ottenere?

La preghiera è certamente uno dei punti fondamentali della vita di un credente: è il dialogo con il “dio” in cui crede. Il problema è come si pensa questo dialogo.

Il titolo della riflessione ci orienta già nella direzione della riflessione stessa.

Abitualmente noi preghiamo quando abbiamo cose da chiedere qualcosa che ci sta a cuore. Con la preghiera vogliamo far capire a Dio quanto e perché quella cosa ci sta veramente a cuore. Per ottenerla mettiamo in opera tutte le ragioni che abbiamo a disposizione. Non è raro il caso in cui chiediamo l’appoggio della Madonna o di qualche santo. Nell Vangelo secondo Matteo (6,8) Gesù, insegnando il “Padre nostro”, dice ai discepoli: «Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima che gliele chiediate». Quindi a Dio noi non diciamo nulla di nuovo.

Proviamo a domandarci: “Perché insistiamo tanto nel chiedergli certe cose? Forse pensiamo che Dio non sia accorto di quella nostra necessità; che abbia sottovalutato la gravità della cosa o che si sia dimenticato? Pensiamo forse di convincerlo noi?”. Questi alcuni dei motivi per cui moltiplichiamo le preghiere e chiediamo anche l’aiuto di persone capaci di pregare. Non di rado chiamiamo in causa l’intervento anche di Maria e dei santi, che certamente conoscono meglio di noi il cuore di Dio.  Quella che voglio dirvi ora è una barzelletta, ma può aiutarci a chiarirci le idee.

Se abbiamo un’idea corretta di Dio ci rendiamo conto subito che qualcosa non va in questo modo di pregare. Dio da sempre è convinto e da sempre sa che cosa è la cosa migliore per noi e se la prende a cuore. Se è vero che è un padre premuroso, sarà lui per primo a prendersela a cuore. Se non interviene, nonostante l’insistenza, ci sarà un’altra ragione. Quale? Dovremmo chiederlo a lui. Tutto dipende dall’idea che ci siamo fatti di lui e del suo amore per noi.

È a questo punto che la nostra riflessione deve cambiare passo? Quando qualcosa di preoccupante ci minaccia noi cerchiamo qualcuno a cui appoggiarci. Dio può essere il nostro istintivo riferimento. E anche questo è un buon segno. A questo punto, però, noi abbiamo bisogno di capire in quale modo Dio ci possa aiutare. Con un miracolo, cambiando tutti i programmi? C’è proprio bisogno di un intervento straordinario? Sappiamo che Dio è un grande regista; ha in mano tutte le situazioni e le conduce con sapienza verso il nostro bene. Anche noi pensiamo che un intervento suo potrebbe realizzare il nostro bene; ma lui sa come e quando. A questo punto dobbiamo rispondere a Una domanda: Allora a che serve pregare?”

Pregare per capire

La preghiera non inutile, anzi. Senza di essa noi rimarremmo al buio sugli interrogativi più grossi che inquietano la nostra vita. Facciamo un esempio che è più efficace di tutti i ragionamenti; “Il coronavirus”. Difficile calcolare le sofferenze, le lacrime, le perdite che ci ha procurato. Nel Salmo 56,.9 il salmista si esprime così: «I passi del mio vagare tu li hai contati, / nell’otre tuo raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro». Dio sa e non dimentica. È giusto e necessario rivolgerci a lui; ma per capire che passi lui sta facendo. Mi spiego con la situazione che vi ho appena accennato, “Il coronavirus”. Dio non l’ha voluto; non era nei suoi programmi e certamente non è un castigo. Dio sa anche le sofferenze che noi non conosciamo, le perdite di persone care. Dio non blocca questo evento doloroso, ma lo sta guidando a fini positivi. La nostra vita frenetica, l’idolatria del guadagno ad ogni costo. Anche momenti religiosi, come l’Eucaristia, ne abbiamo riscoperto l’importanza proprio perché ne siamo stati privati. A noi il prezzo pagato può sembrare eccessivo, ma Dio, nella sua sapienza e nel suo amore per noi, sveglia risorse nuove che potrebbero rendere la nostra vita più “umana” più da “”figli di Dio”. Quello che sto dicendo del “Il coronavirus” lo possiamo applicare a problemi che coinvolgono noi e le persone che amiamo. Situazioni che arrivano improvvise e ci disturbano profondamente, sconvolgono i nostri progetti. A questo punto entra in gioco la preghiera: preghiera per capire, per fare discernimento. Questo tipo di preghiera fa la differenza. Ho conosciuto coppie che hanno vissuto il loro momento più alto nel momento della sofferenza “capita”. Certo la prova (ad es. la nascita di un figlio gravemente handicappato) può creare sconcerto e anche perdita di fede, quando non è guidata dalla preghiera. Il patriarca Giobbe, provato con la perdita dei beni, dei figli e della sua stessa salute è arrivato a dire a Dio “Tu sei malvagio, tutto il male che c’è nel mondo è colpa tua”, ma non riusciva a prendere le distanze da lui. Una frase martellava i suoi dialoghi con Dio: «Dimmi perché!». Dio accetto il faccia a faccia con lui e fu il momento della rinascita. Preghiera per capire. Dio lo troveremo su questa pista. Sarà lui a guidarci a capire i “perché”.

È certamente difficile cambiare un’abitudine che abbiamo dall’infanzia (quella di chiedere l’intervento immediato), sostituendola con la faticosa, ma fondamentale re ricerca dal pensiero di Dio. Questa preghiera ci fa crescere, ci introduce nel pensiero di del Padre, come era avvenuto per Gesù nel Giardino degli olivi: «Padre, se è possibile passi da me questo calice senza che io lo beva; però non come voglio io ma come vuoi tu» (Gv 12,27; Mt 27, 46).

Un monaco egiziano disse a un anacoreta siriano, tutto eccitato, che voleva andare in città a vedere un santo che operava miracoli e che, con la sua preghiera, risuscitava i morti.

L’altro monaco, sorridendo disse: “Che strane abitudini avete da queste parti: chiamate santo chi piega Dio a fare la propria volontà. Da noi invece, chiamiamo santo chi piega la propria volontà a quella di Dio”. (da: Racconti dei Padri del deserto)