L’ultima volta di Gesù a Nazareth, nel paese dov’era cresciuto e dove tutti lo conoscevano (Lc 4,14 ss.), ebbe un finale drammatico. Di sabato era andato in sinagoga e aveva letto un famoso passo del profeta Isaia (61,1 ss): «Lo Spirito del Signore è su di me, mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annunzio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione, a ridare la vista ai ciechi, a liberare coloro che erano oppressi, ad inaugurare un anno di grazia… Tutti gli rendevano testimonianza».
Prima la meraviglia e gli elogi, poi, improvvisamente, «pieni di sdegno, lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù». Dalla meraviglia al rifiuto. Perché? Gesù si era arbitrariamente permesso di cogliere un particolare che c’era nella profezia di Isaia: «per annunciare un giorno di vendetta del nostro Dio». Gli Israeliti aspettavano che Dio intervenisse a punire tutti i popoli che li avevano fatti soffrire. Doveva farlo. Non avevano capito il cuore di Dio. In ogni caso, tutta la storia biblica mostra che la persecuzione è la prova dell’autenticità del profeta.
«Fai anche da noi i miracoli di Cafarnao!» gli hanno detto. Non cercavano Dio, cercavano un taumaturgo a disposizione, pronto ad intervenire nei loro piccoli o grandi naufragi della vita; cercavano uno che li stupisse con effetti speciali, che risolvesse i problemi, e non uno che cambiasse loro il cuore. Avrebbero voluto dirottare la forza di Dio fra i vicoli dei loro piccoli interessi.
Ma questo non è il Dio dei profeti. Gesù, viene dai compaesani, ricondotto dalla misura del mondo al piccolo recinto di Nazareth. E quante volte accadrà! Assicuraci pane e miracoli e saremo dalla tua parte! Moltiplica il pane e ti faremo re (Gv 6,15). Ma Gesù sa che con il pane e i miracoli non si liberano le persone, piuttosto ci si impossessa di loro e Dio non si impossessa, Dio non invade mai la vita dei figli. E risponde quasi provocando i suoi compaesani, raccontando di un Dio che ha come casa ogni terra straniera. Un Dio di sconfinamenti, la cui patria è il mondo intero, la cui casa è il dolore e la gioia di ogni uomo, di ogni figlio e di ogni figlia.
Gesù rivela agli abitanti di Nazareth il loro errore più drammatico: si sono sbagliati su Dio. “Sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare. Perché poi ti sbagli su tutto, sulla storia e sul mondo, sul bene e sul male, sulla vita e sulla morte” (D.M. Turoldo).
Allora lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù. Ma, come sempre negli interventi di Dio, improvvisamente si verifica uno strappo nel racconto, un buco bianco, un ma. Ma Gesù passando in mezzo a loro si mise in cammino. Un finale a sorpresa. Non fugge, non si nasconde, passa in mezzo a loro, aprendosi un solco come di seminatore, mostrando che si può ostacolare la profezia, ma non bloccarla. «Il vento soffia dove vuole, senti il suo sibilo, ma non sai donde viene è dove va» (Gv 3,8). Non puoi fermare il vento di Dio.
Perché il Vento?
Gesù era l’unico accreditato a parlarci di Dio perché veniva dal mondo intimo di Dio: «Dio nessuno l’ha mai visto; l’Unigenito che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato» (Gv 1,18). Stando tra noi ci ha rivelato il Creatore come “Padre” e lo “Spirito-Amore” come “Vento”. Il termine “padre” ci è accessibile, il vento è un’esperienza che tutti abbiamo, ma che non riusciamo a tradurre in immagini.
Gesù, in un colloquio notturno con rabbì Nicodemo, parlandogli di rinascita dall’acqua e dallo Spirito si è espresso in modo misterioso, ma affascinante: «Il vento soffia dove vuole, senti il suo sibilo, ma non sai donde viene e dove va» (Gv 3,8). È l’immagine più affascinante che poteva darci. Seguiamo questa pista.
Il “Vento” modella. Lo Spirito Santo: agisce dove vuole, quando vuole, come vuole, in tutto il mondo. Non è proprietà di alcuna istituzione umana, è libero di agire in ogni uomo. Spirito, in ebraico è detto ruhah’ alito che si muove. È curioso che, narrando la creazione dell’uomo, il testo biblico scriva: «Dio fece l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente» (Gen 2,8). Noi sappiamo che l’acqua e il vento modellano le rocce, anche le più granitiche, così il Vento di Dio. Il Vento di Dio modella i santi e ne abbiamo sotto gli occhi tanti risultati straordinari.
Il vento impedisce il degrado. Abitudine, sedentarietà, inerzia … il Vento le smuove, le sveglia. È energia, è forza, è continua rinascita. Il papa Paolo VI nella lettera apostolica «Octogesima adveniens» (n. 37) dice che “Lo Spirito Santo del Signore che anima l’uomo scompiglia senza posa gli orizzonti dove la sua intelligenza ama trovare le proprie sicurezze e sposta i limiti dove vorrebbe chiudere volentieri la sua azione”. Lo Spirito Santo ci libera dal “complesso dell’ostrica”. Lo ha ben descritto don Tonino Bello: “Siamo troppo attaccati allo scoglio. Alle certezze. Ci piace la tana. Ci attira l’intimità del nido. Ci terrorizza l’idea di rompere gli ormeggi, di avventurarci sul mare aperto…”.
Il Vento spinge al rischio, alla novità. Il Vento modella ogni cosa; «piega ciò che è rigido, drizza ciò che è storto», dice la liturgia del giorno di Pentecoste. Fa’ di Abramo, pagano di Ur dei Caldei, il nostro padre nella fede, e di un pastorello di nome Davide, un grande re. Rende madre Maria Vergine; chiama il persecutore Saulo, e ne fa l’apostolo delle genti; prende un peccatore, Agostino, e ne fa un dottore della Chiesa; ispira il damerino Francesco, figlio del commerciante di stoffe Pietro Bernardone, il santo più amato dagli italiani. Ha toccato innumerevoli persone (anche me e te e, se lo vogliamo, ci prepara per avventure incredibili.
Il Vento è movimento. Sconvolge le vecchie abitudini, fa voltare pagina, dà slancio. Questo è importante! La vita non è una questione di anni, ma di slancio.
santa Giovanna d’Arco aveva appena 17 anni quando liberò Orléans; Pascal a 16 anni già scriveva opere e a 18 anni inventava la prima macchina calcolatrice; Mozart componeva a 12 anni; Maria Goretti fu santa a 12 anni; Domenico Savio a 14; santa Teresina morì a 25 anni; Guglielmo Marconi aveva 21 anni quando compì il primo esperimento di trasmissione senza fili; Raffaello morì a 37 anni; Chopin a 36 …
Il vento è poesia. Quando ti accarezza, ti racconta di paesi lontani che ha visitato, di volti che non conosci, di musiche che non hai ancora sentito. Il “Vento di Dio” all’inizio si librava sulla creazione che stava nascendo (Gen 1,2) per darle il benvenuto. È il soffio creatore che aleggia sulle acque e plasma il capolavoro assoluto che è l’universo intero; è quel mormorio leggero con cui Dio placa l’ira del profeta Elia (1 Re 19,12). Il vento accarezza le spighe del grano, chiacchiera con le onde del mare, fa vibrare le foglie degli alberi, profuma l’aria, fa azzurro il cielo … Chi non sente oggi il bisogno di un po’ d’ispirazione, il bisogno di colorare le nostre speranze, i nostri sogni?
Il vento rinnova. Cambia il volto del cielo giocando con le nuvole, rasserena il volto sudato del lavoratore, gioca con i capelli del bambino… Il Vento di Dio ci libera non solo dal “complesso dell’ostrica”, dal conformismo, dall’unanimismo, spegnando l’originalità che Dio ha donato a ciascuno. Ci dice: “Sii te stesso e non una copia! È fantasia, sorgente di nuove prospettive, di progetti coraggiosi e innovativi, è stimolo per il futuro. Quando il suo soffio incontra una vela qualsiasi, disposta a lasciarsi investire, avvengono le grandi traversate. Grandi navigatori dello spirito sono i santi che “il Vento di Dio” ha modellato.
Lo Spirito racconta se stesso
Le sante Scritture sono ispirate, cioè insegnate dallo Spirito. Nelle Scritture lo Spirito dice se stesso. Ora ascoltiamo quello che lo Spirito dice di se stesso.
La “Pentecoste” è il giorno in cui la Chiesa di Cristo celebra la manifestazione dello Spirito. Non è un evento racchiuso nella cronaca, bensì una pagina di teologia. Questo ha permesso agli autori dei Vangeli di raccontare l’evento con libertà, che Dio, attraverso il Figlio, ci ha fatto dono del suo Spirito. La cosa certa è che non è una festa inventata dai cristiani; c’era già prima, nella tradizione ebraica, come la festa dell’alleanza del Sinai, il giorno in cui Dio ha dato le tavole del Decalogo. Nella tradizione cristiana ha assunto un valore nuovo.
L’autore del IV Vangelo pone il dono dello Spirito già sul Calvario al momento della morte di Cristo e nel cenacolo la sera di Pasqua. Narrando la morte di Cristo l’autore non una il verbo “spirare” (in greco epnéo), ma ricorre all’espressione “parédoken to pneuma” che letteralmente significa “consegnò lo spirito”. La sera del giorno della risurrezione, lo racconta così: «La sera di quello stesso giorno, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, stette Gesù in mezzo a loro e disse: Pace a voi…» e di seguito racconta di un gesto del Risorti: «… soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito santo…».
L’evangelista Luca per spiegare il senso della Pentecoste cristiana la pone in relazione a quella ebraica, che celebrava l’evento del Sinai. Usa addirittura le stesse immagini che sono usate dal Libro dell’Esodo: «Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi».
Se abbiamo presente l’Antico Testamento, ricorderemo che gli stessi ingredienti di questo racconto erano presenti nel racconto del Sinai, quando Dio consegnò a Mosè le tavole del Decalogo (Es 19,16).
C’è una ragione per cui l’evangelista collega i due episodi. Eccola. Al Sinai Dio diede le “Dieci Parole” (il Decalogo). Erano dieci piste di libertà; dieci indicazioni per garantire a Israele una vita dignitosa e serena nella terra che avevano appena occupato. La cosa, però, non funzionò perché Israele non si fidò di Dio e cercò delle strade sue per raggiungere pace e benessere. Fu un disastro da tutti i punti di vista: sociale, politico, religioso, economico … Dio, visto l’insuccesso dell’Alleanza del Sinai, invece di abbandonare il popolo al suo destino, annunziò per bocca dei profeti Ezechiele, Geremia e Gioele una nuova alleanza nella quale anche il popolo sarebbe rimasto fedele: promise di effondere su tutti il suo Spirito e di rendere i suoi figli capaci di mantenere fede all’alleanza.
Così, se la prima Pentecoste con il dono della Legge non aveva sortito gli effetti sperati, la nuova Pentecoste con il dono dello Spirito (legge e forza interiore) aveva tutte le garanzie di riuscita. L’uomo, da allora, per salvarsi può contare su di una forza che Dio gli ha messo a disposizione, lo Spirito, “il Vento di Dio).
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte vicine, una di fronte all’altra. Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L’altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi, e coloro che fuggivano … “Tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera”, pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell’altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all’imboccatura della propria grotta, ogni volta che l’altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c’era un muro soffocante di pietre grigie. E lui era murato dentro.
Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri. Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare una “pietra in più nei muri degli altri”.
Gesù e lo Spirito
Gesù nasce per opera dello Spirito di Dio e lo accompagna tutta la vita. Nelle pagine dei Vangeli e degli Atti compare più di novanta volte, cioè quasi in ogni pagina. È da questo che sappiamo qual è la potenza del “Vento di Dio”. Citiamo alcuni momenti chiave di questa rivelazione:
L’incarnazione. Così dice l’angelo a Maria: «Lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra…» (Lc 1,35). Dio non è più solamente Dio, è anche uomo. La più grande svolta nella storia umana.
La consacrazione. Al battesimo: «Mentre stava in preghiera, il cielo si aprì e lo Spirito santo discese su di lui, in apparenza corporea, come di colomba. E vi fu una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio amatissimo, in te mi compiaccio». È la sua presentazione ufficiale, il suo accreditamento. È l’inizio ufficiale del suo impegno tra gli uomini.
La lotta contro il male. La sua lotta era contro il male e la morte. La lotta comincia subito dopo il Battesimo: «Gesù pieno di Spirito santo … fu condotto dallo Spirito nel deserto …» (Lc 4,1). Il deserto era il mondo, fino a quel momento dominato dal maligno che, per la prima volta si incontrerà con un uomo su cui non avrà alcun potere. Le tre tentazioni segnano la sconfitta di satana e l’inizio di un’era nuova, quella del “Vento di Dio”. Il testo conclude: «Gesù tornò a Nazareth con la potenza dello Spirito».
La missione del Figlio. A Nazareth, il paese in cui era cresciuto, in giorno di sabato e in sinagoga (il massimo dell’ufficialità), prendendo a prestito le parole del profeta Isaia annuncia la sua ammissione alla quale lo spinge “il Vento di Dio”:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e inaugurare l’anno di grazia del Signore …».
Il dono ai discepoli. È anticipato dalla promessa: «Io pregherò il Padre ed egli vi manderà un altro Paràclito…» (Gv 14,16). Il Vento di Dio assume il suo ruolo nei confronti dei discepoli: avvocato di difesa. Secondo la tradizione del tempo lo Spirito è presentato come colui che si siede accanto (è il significato etimologico del termine parakletòs) all’imputato per dichiararne l’innocenza. Suoi compiti: darà testimonianza al Figlio e guiderà alla verità tutta intera. Nell’incontro dopo la risurrezione sarà trasmesso ai discepoli: «Alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo…» (Gv 20, 22).
Fa nascere la Chiesa. È la promessa ai discepoli mentre sta per ascendere al Padre: «avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). Farà partire per la missione, parlerà per loro nei momenti difficili, interverrà per la decisione più importante: «È parso bene allo Spirito santo e a noi di non imporvi altri obblighi se non le cose strettamente necessarie …». Con l’ascensione il Maestro ha passato le consegne allo Spirito che sarà per sempre la guida e l’anima della Chiesa.
Respiriamo il Vento di Dio
Il compito che rimane a noi ora è “respirare” quel Vento che Gesù ci ha mandato. Apriremo senza paura le porte del cuore e della mente allo Spirito santo, dono del Padre e del Figlio, perché ravvivi anche in noi quel fuoco per renderci capaci di trasformare il mondo, questo è il compito principale come discepoli.
«Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8), non cambia, ma noi lo conosciamo meglio proprio vivendo la nostra storia e la storia del mondo, sospinti dal “Vento di Dio”. Gesù non ha detto tutto: ha detto l’essenziale riguardo a Dio, quello che basta alla salvezza, ma la conoscenza di ha ancora tanto da dirci. Ora Gesù è accanto al il Padre, ma lo Spirito che egli ha inviato ai discepoli ha il compito di ricordare loro le sue parole (Gv 14,26).
“Il Vento di Dio” nelle vele
«Il vento soffia dove vuole, senti il suo sibilo, ma non sai donde viene è dove va» diceva Gesù a rabbì Nicodemo, venuto da lui nella notte dei suoi dubbi. Il Vento di Dio è libero e creativo, crea e ricrea continuamente persone e popoli. Si dice di lui che nella Trinità è il “parente povero”, povero perché noi non abbiamo capito il suo ruolo insostituibile. Cerchiamo di capirlo.
Quando noi diciamo “vita eterna” noi pensiamo all’aldilà. Non è vero la vita eterna è la vita che è in Dio; la nostra è una vita a termine. Il sogno di Dio è coinvolgerci nella sua vita eterna già ora. Lo Spirito soffia nelle nostre vele per spingerci in quella direzione. Forse noi abbiamo calato le nostre vele per scoraggiamento e il vento non riesce più a spingerci.
L’autore intrigante del libro della Bibbia intitolato Qoelet dice che tutto è vanità (precarietà), ma che Dio ha messo nell’uomo un desiderio di immortalità.
Senza lo Spirito Santo
Senza lo Spirito Santo Dio è lontano,
Cristo rimane nel passato,
il Vangelo è lettera morta,
la Chiesa è una semplice organizzazione,
l’autorità è una dominazione,
la missione una propaganda,
il culto una evocazione,
e l’agire dell’essere umano
una morale da schiavi. Ma nello Spirito Santo
il cosmo è sollevato
e geme nella gestazione del Regno,
Cristo risorto è presente,
il Vangelo è potenza di vita,
la Chiesa significa comunione trinitaria,
l’autorità è un servizio liberatore,
la missione è una Pentecoste,
la liturgia è memoriale e anticipazione,
l’agire umano è divinizzato