«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra… E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra …». Queste parole messe alla vigilia del Diluvio, lasciano perplessi; fanno pensare a un Dio che sia stato sorpreso dagli eventi (noi diremmo spiazzato), che non abbia calcolato le cose. Una conclusione del genere mette in discussione l’immagine stessa di Dio.

C’è gente ancora oggi che crede che la Bibbia sia il risultato di parole dettate, una per una, da Dio, tutte da prendersi alla lettera. Ispirazione e dettatura non sono la stessa cosa. Dio è autore del messaggio che la Bibbia ci offre, invece “il linguaggio” con cui ci viene presentata è di chi l’ha messa per scritto. Si tratta di persone vissute in culture pagane, che avevano idee strane false di Dio. Molti dèi dei popoli con cui avevano vissuto erano irascibili, vendicativi, gelosi, crudeli … Molte pagine della Bibbia (in particolare dei Salmi) sono state scritte da persone che avevano assorbito queste convinzioni. Il messaggio della rivelazione biblica, invece è molto più positivo.

Fin dall’inizio …

Ripercorriamo le prime pagine della Bibbia e verifichiamo come fin dall’inizio Dio fa capire come vede il peccato dell’uomo.

Con la disobbedienza i progenitori si sono trovati fuori dalla beatitudine in cui erano prima. Vedendoli andar via con quella patetica cintura di foglie di fico, che non sostituiva la regalità con cui Dio li aveva rivestiti prima, il Creatore ebbe un pensiero delicatissimo: «Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì». Qualcuno traduce invece che tuniche di pelli “tuniche di luce”. Quei primi peccatori gli erano cari come figli.

Caino, l’autore del primo fratricidio era angosciato: «Troppo grande la mia colpa per ottenere il perdono … chiunque mi incontrerà mi ucciderà» (Gen. 4,15). Ma per Dio è ancora figlio e lo vuol difendere dalle vendette: «Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse».

D’altronde il diluvio stesso non era stato un castigo, ma un modo per impedire che l’umanità, arrivata al limite estremo della corruzione, implodesse, ma potesse ripartire dal un ceppo sano, la famiglia di Noè.

Quando Sodoma e Gomorra arrivano a un limite insopportabile di corruzione, Abramo tenta di convincere il Signore a desistere dal proposito di distruzione della città, in vista dei giusti che vi fossero dentro. Abbassa il numero dei giusti (cinquanta, quaranta, trenta, venti, dieci …). Abramo non ha il coraggio di scendere fino ad uno, ma Dio lo avrebbe fatto.

Il sogno di Dio è che il peccatore ritorni a lui e viva: «Venite, e discutiamo – dice il Signore – anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana». Nel presentare il Decalogo il Signore mette in guardia dall’idolatria: «Non avrai altri dèi di fronte a me … perché io sono un Dio geloso …». Geloso non a difesa di sé, bensì della creatura che egli ama e che rischia di perdere la sua libertà affidandosi a chi non la ama, ma la schiavizza.

Quando Dio si fece visibile nel Figlio …

Quando il Figlio si manifestò fra noi il suo messaggio fu diverso da quello del Battista, che diceva: «La scure è alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto verrà tagliato e bruciato». Gesù, invece affermava di non essere venuto per i giusti ma per i peccatori. Andò loro incontro e per loro raccontò le sue parole più belle e scandalizzò i farisei sedendo a tavola con i peccatori. I suoi detrattori lo soprannominarono “amico dei pubblicani e dei peccatori” e non se ne ebbe a male, anzi lo ritenne un titolo di onore. Arrivò, per loro, fino ad una affermazione paradossale: «Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7).

Nei Vangeli c’è un’intera galleria di peccatori che Gesù ha incontrato, amato e trasformato in amici e figli. Zaccheo, capo dei pubblicani, che, per i soldi aveva ridotto alla fame tanti poveri. Gli bastò che Gesù lo guardasse chiamandolo per nome e si autoinvitasse a casa sua per un banchetto, per sentirsi, per la prima volta amato e per questo decise di cambiare la sua vita: «Io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Una pubblica peccatrice, che lo aveva sentito, ne era rimasta colpita e aveva deciso di incontrarlo. Lo trovò in casa di Simone, fariseo, che lo aveva invitato per metterlo in difficoltà. Sfidando l’insulto, la donna entrò in quella casa, si accoccolò ai piedi del Maestro e, senza dire una parola, si lasciò andare a gesti di quasi sponsali: bagnò i piedi di lui con le lacrime, glieli asciugò con i suoi capelli, li unse con nardo, un profumo costosissimo e non finiva di baciarglieli. Allo scandalo dei farisei presenti, Gesù disse una parabola di due debitori insolventi e graziati dal creditore e concluse: «Le sono stati perdonati i suoi molti peccati, perciò ha amato molto» (Lc 7,47). Un’adultera, fu portata da scribi e farisei a Gesù per metterlo alla prova. E la prova ci fu, ma non come loro pensavano. Le pietre per la lapidazione della donna caddero loro di mano quando il Maestro disse: «Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei». Il finale non previsto fu che «quelli udito ciò se ne andarono uno per uno, cominciando dai più vecchi». Sul piazzale del tempio rimasero solo Gesù e la donna. «Donna, nessuno ti ha condannata?». Finalmente due parole della donna liberata dall’incubo della lapidazione: «Nessuno, Signore». E Gesù: «Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più». Una pagina imbarazzante questa, che nei primi tempi scomparve dal vangelo, ma per fortuna fu ritrovata. Il buon ladrone. È stato l’ultimo gesto con cui ha voluto coronare il suo rapporto con i peccatori. Non era un “buon” ladrone, ma un rivoltoso e un omicida. Fra Gesù e costui nasce un dialogo come tra vecchi amici. «Gesù (lo chiama per nome), ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». La risposta di Gesù non si fa attendere: «In verità ti dico, oggi sari con me in paradiso». Con questo abbraccio Gesù coronava il suo rapporto con i peccatori.  

Conclusione

Il peccato ha invaso e devastato la vita umana. Un uomo aveva aperto il cammino del peccato, un uomo doveva interrompere lo strapotere del peccato. Gesù, Figlio di Dio, facendosi uomo ha condotto vittoriosamente, da uomo. questa battaglia. La sua morte in croce ha segnato la fine del regno del peccato. Gesù ha fatto guerra non ai peccatori, ma al peccato. Ha vinto il peccato nei peccatori, amandoli e accogliendoli. La nostra possibilità di vittoria sul peccato è lasciare che Cristo, per amore, prenda in mano la nostra situazione. Ne paleremo le prossime due volte.