Dio vive fuori dal tempo in un “istante” che non cambia mai. Perché lo raffiguriamo con la lunga barba e le rughe nel viso; perché è vecchio? Lo chiamiamo l’Eterno, ma questo non significa che sia vecchio, bensì che è sempre stato e sempre sarà. Noi, invece, siamo prigionieri del tempo e con il tempo cambiamo: siamo stati bambini, adolescenti, giovani e diventiamo vecchi. Dio è fuori dal tempo: non è né giovane né vecchio. Dio semplicemente “è”. Quando noi diciamo “Vita eterna” non parliamo dell’aldilà, ma della vita che è in Dio (eterna non soggetta a cambiamenti), mentre la nostra è “vita a termine” (soggetta a cambiamenti). Dio è vita; una vita che si rinnova e si espande continuamente.
Dio è giovinezza perenne, anzi la rinnova anche in noi, come dice il Salmo 102 (5): «Egli sazia di beni i tuoi giorni / e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza». Gli antichi credevano che l’aquila quando cominciava a sentire che le forze diminuivano per l’età, volava verso il sole e quello gli ridava la giovinezza.
Le religioni antiche, non avendo la minima idea di come fosse attribuivano le più belle caratteristiche umane, nella loro espressione più alta. Anche Israele fece un percorso molto lungo nell’intuire qualcosa di Dio.
Alla scoperta del vero volto di Dio
Quando si fa un ritratto, questo non nasce dopo le prime pennellate. Ci sono ripensamenti, cancellature, riprese … Quanto più grande è lo scopo per cui lo si fa, tanto più lungo sarà il tempo che ci verrà richiesto. Ci sono voluti millenni per arrivare ad un risultato e la ricerca di quel volto è ancora in atto.
Israele ha vissuto per molto tempo in mezzo a popoli diversi e da loro ha imparato a immaginare Dio. L’Olimpo degli dèi antichi ci offriva immagini di divinità, che non erano molto meglio degli esseri umani: invidiose, gelose, vendicative … Israele ha fatto passi progressivi per scoprire Dio.
La prima esperienza di Dio che Israele ha fatto è stata la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Dio “liberatore” è stata la sua idea di Dio, ed è bellissima anche per oggi: Dio libera da ogni schiavitù. Poi arrivo a capire Dio come “alleato”. Era un rapporto che continuava e sarebbe continuato. Una garanzia per il futuro. Poi lo pensò come “sposo”. In fine lo pensò come “creatore”. Non era più solo il suo Dio, ma il Dio dell’umanità intera. È stato un crescendo che ha portato Israele ad un livello molto più alto. Questo però non cambiò il cuore degli Israeliti, che in pochi anni avevano dimenticato e cancellato l’alleanza del Sinai. Dio allora Dio prese l’iniziativa e attraverso la voce del profeta Ezechiele (36,26-27) fece una promessa straordinaria: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi» Era un impegno che si sarebbe compiuto al tempo fissato da Dio e nel modo da lui voluto. Dio avrebbe fatto conoscere il suo vero volto. E fu così.
L’autoritratto di Dio
Proprio cosi: un autoritratto. Dio stesso, attraverso il Figlio venne per farci conoscere il suo vero volto. Nel IV Vangelo (1,18) è scritto: «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato». È finito il tempo dei tentativi; Dio stesso ha voluto presentarsi a noi.
Tutto è accaduto nel modo più impensato: in un paesino Nazareth (150 anime) di una regione sottostimata anche dai Giudei, la Galilea; da un popolo che contava pochissimo sullo scacchiere del Medioriente, Israele; con l’intervento di una giovanissima donna, Maria, che Dio aveva chiamato a lavorare con lui a quest’opera. Dio è nato bambino come ogni bambino. Invitati all’evento gli ultimi della società, i pastori, i lontani, i Magi. Nessun rappresentante delle classi alte né della società politica né di quella religiosa. E, dopo la sua nascita, trentatré lunghi anni di silenzio e nascondimento. Dio è stato molto discreto nel suo piano.
Dopo gli anni di silenzio iniziò la sua vita di Rabbi itinerante. Parlò con tutti, percorse tutte le strade della Palestina, annunciò con le parole e con i gesti che Dio era “Padre” che si occupa dei figli in difficoltà e non giudice o sovrano che guarda dall’alto. Disse di essere venuto per i peccatori e non per i giusti (o quelli che si ritenevano tali). Lo chiamarono “amico dei pubblicani e dei peccatori” e lo ritenne un titolo di onore. Con le sue parabole e con i sui gesti rivelò come si comporta il Padre di fronte a chi sbaglia. Parlò della tenerezza e della misericordia e confidò ai suoi discepoli quello che lui sapeva del Padre perché lo facessero conoscere.
Fu accusato di bestemmia per quello che aveva rivelato del Padre, e come bestemmiatore fu condannato a morte. La sua morte in croce fu l’ultima e più luminosa manifestazione del “vero volto di Dio”. Quello della «croce» è uno «spettacolo» (in greco theoria) che Dio offre agli uomini di tutti i tempi e di tutte le culture (nei racconti della passione c’è una folla varia che ci rappresenta tutti). È lo spettacolo finale in cui Dio «recita a volto scoperto»: rivela a noi il suo vero volto, ma ci fa conoscere anche il vero volto nostro, al di là delle mistificazioni e degli stravolgimenti. Un Dio «crocifisso» ci salva innanzitutto da Dio: dal Dio che risponde alla violenza con la violenza, che dispone di tutto e di tutti e non è disponibile per nessuno, che salva sé stesso e lascia andare alla rovina gli altri. Un Dio così va negato. La croce ci mostra invece un Dio che si mette nelle mani di tutti, serve tutti con umiltà e mitezza, che «lava i piedi» di ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie, che «dona» la sua vita a coloro che gliela tolgono. Sulla croce rivelò il volto misterioso e affascinate del Padre. Coperto di sputi, di insulti e di sangue reagì perdonando: «Padre perdonali; non sanno quello che fanno». Era la fine di una visione distorta di Dio. Riporto la testimonianza di Agostino vescovo di Ippona, convertito e affascinato da questo volto di Dio:
“Tardi ti ho amato,
bellezza così antica e così nuova,
tardi ti ho amato.
Tu eri dentro di me, e io fuori.
E là ti cercavo”. (da “Le Confessioni” di s. Agostino, 10.27.38)